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lunedì 22 ottobre 2012

Perché il freddo, quello vero, sa essere qui.

Fra 4 giorni riabbraccerò mio nipote, l'unico elemento di dolcezza, tenerezza e calore. Senza di lui la vita apparirebbe tutta spigoli e asperità. Cerco una casa dove poterlo ospitare (insieme alla madre, almeno), ho l'impressione che questo inverno sarà molto freddo.  
In fondo al mio cuore di sbarbo*
Più mi sento sola più mi isolo. Bisogna fare le cose per bene, o non farle affatto.  Sarebbe così facile non esserlo (sola, intendo). Basterebbe accettare gli inviti e farsi lieve, rispettare le regole della socialità e abbassare il livello delle pretese. Temo che lo sarei comunque (sola, intendo).

 * con il titolo è una frase di Zanardi, personaggio di Andrea Pazienza




sabato 20 ottobre 2012

Non bastano gli scoiattoli che si arrampicano veloci agli alberi - non prima di avermi guardato attentamente e valutato come pericolo di lieve entità, i microscopici uccelli che zampettano in cerca di cibo sul sentiero, il verde brillante degli alberi visti a testa in giù, il profumo di erba bagnata, il fruscìo delle foglie secche, il parco sa offrirmi immagini di poesia ancora più spiazzanti. Come un giovane uomo che insegna a uno più anziano ad andare in bicicletta, e alla fine ci riesce: l'uomo più anziano fa le sue prime pedalate senza perdere l'equilibrio. Una scena che ti riempie gli occhi, l'anima, tutto. Se la poesia può essere anche edificante, questa ci insegna molto banalmente che non è mai troppo tardi.
Così pure mi riempie il semplice gesto di abbottonarmi la camicia ripercorrendo al contrario la strada che hanno fatto le tue dita per sfilarmela. Non c'è il tuo odore, non ci sono segni che mi ricordino di te, ma rimarrà nella mente un gioco a premi nelle tue mani. Morale (eddue): devo fare shopping.

giovedì 18 ottobre 2012

Come ci si sente ad avere la sicurezza di sapere dove si starà fra un mese?
Raccontatemi, perché io non lo so.

mercoledì 17 ottobre 2012

You think you drive me crazy (but you don't)

- Sai, vorrei che il nostro rapporto rimanesse così com'è adesso, tranquillo, senza complicazioni, perché io sto ancora male per la mia ex...
- Prego?
- Non vorrei che ti facessi un'idea sbagliata...
-  Iiiih!  - mimando il gesto di tirare le briglie a un cavallo per farlo fermare - Stai tranquillo tu! Ti ho per caso mandato segnali equivoci? Non mi pare. Cosa ti fa credere che sia interessata a te? La mia curiosità nei tuoi confronti si è già esaurita, da quello che ho potuto vedere, non sei cambiato, e non è un complimento. La tua esperienza si riduce a una fallimentare monogamia,  dovrei essere attratta da te? Da quale punto di vista? Sessuale? Eri una gran noia quando ero cotta, figurati adesso che al massimo mi fai tenerezza.
- Grazie.
- Di niente. Ti fai dei gran film. Tu, l'uomo che prende le decisioni e gli altri che pendono dalle tue labbra. Dlin dlon niente di più sbagliato. 
- Era solo per mettere le cose in chiaro.
- Non ce n'era bisogno. Ti dico cosa c'è da mettere in chiaro. Sei sconfinatamente narcisista e pieno di te, ma non ne hai motivo. Infatti, ti fai prendere dai complessi di inferiorità ogni volta ti senti minacciato dalla mia sicurezza e dal fatto che a volte ne so più di te. Diventi aggressivo-passivo. Ci siamo tutti evoluti, tu sei ancora rimasto a citare i soliti quattro film, le solite canzoni, il bello è che te ne compiaci. 
- Vabbè, offendimi pure.
- Per farti capire che non corri proprio il pericolo di farmi innamorare. Come ti ho detto, c'è già chi occupa quella parte di me.

domenica 14 ottobre 2012

Un sabato particolare (non è tutta colpa mia se non sono normale)

Ieri ho conosciuto dei miei cugini di primo grado (figli di un fratello e di una sorella di mio padre) dei quali fino all'altro giorno ignoravo l'esistenza (cioè, sapevo che c'erano, ma non sapevo nulla delle loro vite) e rincontrato gli zii che non vedevo da quando avevo pochi anni. Praticamente degli sconosciuti anche loro.
In tutto questo c'entra Facebook, almeno come" mezzo di avvicinamento", poi il Caso ha fatto il resto. La storia è la seguente: un po' di tempo fa mi chiede l'amicizia un uomo che ha il mio stesso cognome e parlando è venuto fuori che si trattava di mio cugino e bla bla bla. Lui abita con la famiglia a Milano, io all'epoca ero in Puglia e oltre un blando proposito di incontrarci non siamo andati. 
Il fato ha voluto che si sposasse una nostra cugina, che abita a Prato, quindi questo cugino di Milano venisse in Toscana per il matrimonio. 
Ci siamo? 
Così, il cugino mi chiede di vederci e gli dico sì. Lui dice che ci sarà anche un altro cugino, fratello della sposa, che è frate (io, bestemmiatrice felice, un cugino frate, che ridere!). Ci diamo appuntamento a Fiesole (dico, figo, non ci sono mai stata, colgo due piccioni con una fava). Insomma, arrivo all'appuntamento e vedo arrivare una macchina con un inequivocabile fiocco bianco. Uhm, penso, questa cosa non mi piace. Mi hanno teso una specie di trappola, in buona fede s'intende, e mi hanno portato al matrimonio. A saperlo, mi sarei messa un pochettino più in tiro, fortuna che almeno - caso raro - ero truccata e avevo i capelli leggermente più ordinati. 
Sono partite le varie presentazioni e i resoconti di una vita in cinque minuti. Torta e spumante. La promessa di rivederci, almeno con quelli che sono vicini (quasi quasi vado in ritiro nel monastero in cui vive il frate, che ho visto da lontano, un posto fighissimo in mezzo al nulla, chissà trovare un po' di pace). Inutile dire che anche in quel contesto ero la mosca bianca. Persino fisiognomicamente non c'entravo nulla: porto con un certo orgoglio lo sguardo fiero e cristallino della famiglia B. e i tratti malinconici di quella Z. (rispettivamente del nonno e della nonna materni).
E c'è stato anche il tempo per un imbrocco. Un'esperienza alquanto surreale. 
Perché sabato pomeriggio al centro commerciale o a fare cose normali, proprio non mi riesce. Non per snobismo o per il gusto dell'eccentrico, no, è proprio che mi capitano cose anormali per natura o conformazione mentale o pura coincidenza. Però, quanto mi diverto!

venerdì 12 ottobre 2012

La nera schiena del tempo - Javier Marìas

Passa le notti la donna quasi in veglia pensando a quel che è accaduto nelle tenebre e domandandosi se quella sarà l'ultima volta che è accaduto, esce di mattina con la stanchezza dei suoi pensieri e temendo che al suo ritorno dopo tante ore nel mondo esterno lui sia ancora lì e lui se ne sia andato, teme allo stesso modo le due cose, e non ha neppure provato a dirgli di rimanere o di andarsene, perché ha paura allo stesso modo che le badi, se gli dicesse una cosa come l'altra, l'altra l'una, se osasse. E siccome non sa che fare non fa niente, aspetta soltanto l'autobus sentendo freddo...
[...]
Può darsi che quella donna che vedo dalla finestra in questo far mattina che mi trova sveglio, quella donna non molto giovane che aspetta l'autobus con la sua prematura stanchezza e che oggi si vede sorridere lievemente come se stesse sognando o ancora non avesse potuto dimenticare quello che ha lasciato tra le lenzuola, trasformato ormai in qualcuno al quale si va abituando senza rendersene conto e la parte pericolosa arriva allora, quando si comincia a temere più l'andarsene che il rimanere di quell'oggetto della nostra abitudine o costanza.


I suoi libri mi catturano. Dello stesso consiglio Domani nella battaglia pensa a me.

giovedì 11 ottobre 2012

Come ogni cosa, abbiamo una data di scadenza, a volte ho l'impressione che sarebbe meglio consumarci prima, piuttosto che trascinarci fino alla fine e andare sprecati.

Mi ossessionano le parole. Dette, scritte. Premono sulle labbra e sulle dita per uscire. Rimbalzano in testa sottoforma di immagini, fino a quando non le traduco in lettere.
Leggo, e anche quelle mi assalgono. Le capisco solo per un momento, poi ritornano ad essere segni neri su un bianco indecifrabile. 
Riempo pagine e pagine di farneticazioni e citazioni. Mi sembra che la mia vita sia stata già scritta, la ritrovo in frammenti di libri. 
Mi porto le persone che conosco incollate addosso. Sento sempre il loro odore, non mi sfugge nulla, non le dimentico mai. Vanno via, ma lasciano il loro peso. Anche le ombre hanno sostanza.
Alcune tornano altre non sono mai arrivate.

mercoledì 10 ottobre 2012

La rivoluzione d'ottobre. Seconda parte

La popolazione italiana (e femminile) della casa si è innamorata del nonno russo. Che uomo, che tempra! Ieri mattina pioveva davvero forte e lui, con una maglietta a maniche corte e senza ombrello, è uscito a fare una passeggiata. Tornato bagnatissimo, ma per niente infreddolito (d'altronde, hanno la Siberia a portata di mano) o scalfito da condizioni atmosferiche non buone. La cosa fantastica è che vuole andare al mare a nuotare. Vi rendete conto? Questi sono i veri uomini! Forgiati negli altiforni dell'URSS, con la fame, il freddo e gli stenti. La pioggia gli fa il solletico, il mare a meno di 10 gradi lo accarezza. Non ne fanno più di uomini così indistruttibili, purtroppo. Nemmeno di donne, chiaro.

lunedì 8 ottobre 2012

La rivoluzione di ottobre

Sono arrivati i familiari (mamma e nonno) della coinquilina russa, evento per metà interessante, per metà preoccupante. Intanto, stanotte ho sognato il nonno uguale (o almeno molto simile) a quello che è in realtà. E non è nemmeno il tipico russo, a parte gli occhi glaciali, per la miseria, ipnotici. Premonizioni a cazzo.

domenica 7 ottobre 2012

Grazie Marino, sono stata benissimo

Ieri si poteva visitare il Museo Marino Marini gratuitamente. Avevo sentito parlare dello scultore di sfuggita, mentre ero a Milano e vicino (non ricordo bene dove) venivano esposte le sue opere in una mostra. Avevo guardato qualcosa su internet, mi interessava, ma non ci andai. Fino a due giorni fa non sapevo nemmeno che ci fosse il museo. D'altronde, è un po' nascosto. Si trova in una piazza minuscola (San Pancrazio) su via della Spada, all'interno di una ex chiesa con il migliore (da quello che ho visto fino ad adesso) allestimento museale italiano. Ci sono una serie di sale poste su vari livelli e scale e passerelle che permettono di guardare le opere da varie angolazioni (bellissima la visione dall'alto), altri spazi espositivi quasi nascosti che bisogna andare a cercare, opere che spuntano in luoghi impensabili, spazi labirintici. E poi le opere: 3 soggetti ripetuti continuamente che invece di annoiarti rinnovano ogni volta l'emozione travolgente. Se non fosse proibito le avrei toccate e abbracciate per quanto erano belle. Bronzo, terracotta, gesso, superfici non levigate eppure recanti il segno (veritiero?) dello scorrere del tempo. Ci tornerò, quell'ambiente mi fa stare troppo bene. 
Mi ci voleva proprio un po' di semicontemporaneità, che questo cazzo di Rinascimento, sì vabbè, ma poi basta. Dopo sono andata alla Fiera della ceramica, vedendo delle cose che starebbero bene nello spazio tutto mio che mai avrò e mi sono intristita nuovamente. PS: apprezzavo la ceramica raku quando ancora non era di moda. La lungimiranza della nipponista.

venerdì 5 ottobre 2012

There was nothing to fear and nothing to doubt

Mi manca sognare il mare, restare immersa e non sentire la necessità di respirare, esplorare le sue profondità inverosimilmente illuminate e nitide, guardare gli esseri che mi nuotano accanto e non avere alcuna paura. Io nell'acqua, mi confondo con essa e sono naturalmente e infantilmente felice. Non è un caso che non abbia più queste esperienze oniriche. Il mare nel sogno è il simbolo dell'inconscio: entrare in esso significa comunicare in maniera totale con la parte più profonda e nascosta di noi, conoscerci e rigenerarci. Mi sono persa e non riesco più a trovarmi. Comunicazione interrotta. 
Ora faccio sogni iper-realistici, banali. Pare che sia un bene, non ho modo di sfuggire pericolosamente alla realtà. 
Ai più sembra che il mio attuale stato derivi da situazioni esterne poco felici. In realtà, queste sono sintomi non cause. Se non hai quello che vorresti, o non lo vuoi sul serio, o non sei pronto ad averlo. Non so nemmeno più che voglio. Solo una vita gioiosa, che ora non ho. Ogni cosa, anche la più bella, alla fine,  mi fa soffrire (This is a love song e le mani che fino a poco prima erano sulla mia pelle si allontanano. Sì, lo so. Non c'è bisogno di sottolinearlo). Tutto mi ferisce. 
Dovrei mettere un punto a tutto quello che è stato. Azzerare completamente la mia vita, mettere fine a ciò che c'è oggi, allontanarmi definitivamente da ogni tipo di rapporto che non sia di sangue (solo la mia famiglia stretta). I rapporti interpersonali derivano da come ti relazioni al mondo, non puoi incolpare nessuno oltre te stesso se non sono soddisfacenti. 
Ricrearmi totalmente. Distruggere per costruire, morire per rinascere.

Sulla terrazza di quella che non è la mia casa sbocciano fiori che durano una sola giornata. Perfetto.

martedì 2 ottobre 2012

Nella morsa biforcuta di quelli che ma sei dimagrita? e quelli che ma sei ingrassata? (in alcuni casi specificando le zone di adipo in più), attanagliata da quei cinque minuti di insicurezza che una donna di polso si concede, ogni quanto?, ogni due mesi, mi sono pesata per capire quale trasformazione fosse in atto nel mio corpo. Risultato: hanno lievemente ragione i primi. Due chiletti. Aggiungo, e ci credo! Da un mese a questa parte ho tolto dalla mia nutrizione dolci (a parte la colazione) e schifezze varie (patatine & co.), alcolici. Uniche eccezioni: due volte un gelato preso al posto del pranzo, e due/tre bicchieri di vino a una cena in compagnia. Non mi privo (in realtà non si tratta nemmeno d una vera e propria privazione visto che non mi mancano affatto) di queste cibaglie per uno scopo estetico, quanto per una sorta di purificazione fisicospirituale, nell'ottica, forse un po' delirante, più ampia di riuscire a stare bene (non accontentarsi o vivere discretamente, ma stare meglio) con meno. Togliere piuttosto che aggiungere. Come sa fare un bravo scrittore: cancellare frasi, paragrafi o intere pagine per rendere più fluido il proprio racconto.

lunedì 1 ottobre 2012

Lettera d'amore

Firenze, ti prego, non rigettarmi anche tu. Non può essere un caso se sei l'unica città in cui il mio senso dell'orientamento non ha falle; se per ben due volte ho beneficiato del tuo sistema sanitario (nemmeno a Napoli). Vuol dire che ti conosco e ti amo e ti penso come casa, anche quando ti offri troppo indulgente ai turisti, anche quando ti lasci violentare dalla sporcizia o incatenare dallo snobismo dei tuoi abitanti.
Sono stanca del girovagare frenetico, soprattutto non sopporto più i ritorni.Voglio fermarmi tra le tue braccia, che il tuo ventre diventi culla per me. Lascia che ti offra quello che ho e che sono. 
Non mandarmi via.