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martedì 22 dicembre 2015

Eu nao falo portugues: Lisboa edition

Dal mio breve vaggio in Portogallo ho capito che i lisbonesi se ne fottono allegramente. Ho visto gente uscire a fare delle commissioni in pigiama, portare a spasso il cane in pantaloncini e infradito, ho visto il tram fermarsi perché ostacolato da un camioncino che stava scaricando della merce davanti a un negozio e il conducente - pacifico -non fare una piega, non invitare l'autista del camioncino a muoversi neanche con modi gentili. Ha aspettato che l'altro terminasse il suo lavoro per poi ripartire con la stessa tranquillità (si fa per dire, il tram 28 è stato un attentato alle mie coronarie) di prima. Mi sono immaginata la stessa scena a Milano, il povero autista del camioncino sarebbe stato oggetto di imprecazioni non solo da parte del lavoratore atm, ma di tutti i passeggeri, perché non abbiamo tempo da perdere. A Lisbona si chiedono cos'è il tempo, ma poi lasciano cadere la domanda per cose più importanti come godersi la decadenza malinconica della loro città. 
Più del succitato tram 28, grazie al quale ho capito intrinsecamente il significato di sferragliare, e delle funicolari che ti offrono viste pazzesche a sorpresa, più degli azulejos e del fado, delle stradine tortuose e del dolce lasciarsi andare di alcuni palazzi (non restaurateci, lasciateci sgretolare e tornare polvere), più dei calçada mortalmente pericolosi ma anche meravigliosamente intrippanti, più di tutto ciò di Lisbona rimarrà impressa in un punto preciso dello sterno come incisa con un chiodo appuntito la sensazione di apertura di ariosità, di luce avvolgente, come se tutto ciò che guardi fosse sconfinato, non finisse mai. Tutti quei colori e il cielo, oh Signore, che cielo - a tratti ricamato dai cavi. I vecchietti superbelli e teneri davano l'impressione di non passarsela proprio bene. Avrei voluto conoscere il portoghese per farci due chiacchiere, farmi raccontare della loro città e magari ci saremmo lamentati di quei turisti sempre troppo invadenti, o solo prenderli a braccetto e farmi condurre nei loro posti del cuore.

giovedì 26 novembre 2015

Ukulele

Era da tempo che ne volevo uno, poi una mattina di novembre ne ho sentito proprio l'urgenza - per la tristezza di questo mese triste -e l'ho acquistato su internet.
Da quando ce l'ho, non penso ad altro, a strimpellare il mio amore la sera nel mio angolino, a cantarmi la ninna nanna. Con le sue note, il buio diventa luce e non sento più freddo.

sabato 14 novembre 2015

Maddalena

Maddalena era una ragazza minuta, addirittura più di me, i capelli separati dalla riga in mezzoche scendevano dritti a coprirle parte del viso. Era abbastanza timida, abbastanza impacciata, se la cavava in inglese, nelle altre materie un po' meno. Aveva però delle passioni che accendevano i suoi dolci occhi nocciola: la musica e il disegno. Suonava la chitarra, ne aveva addirittura una elettrica, e passava le giornate a disegnare, a volte a riprodurre le copertine degli album dei suoi miti: i Pink Floyd. Era sempre alla ricerca di conferme, il terreno sul quale si muoveva sembrava minato da insicurezze. Era la più piccola della classe, avendo cominciato la scuola un anno prima (forse la più piccola era Stefania che però essendo una stronza bigotta, non la consideravamo), la più fragile, trattata come un cucciolo delicato, di tanto in tanto usata. Un po' la invidiavo per i suoi talenti e perché era l'amica di banco della mia preferita. Non si poteva volerle male, gentile e buona, ingenua, decisamente lontana dalle strategie che spesso operano in un mondo chiuso come quello delle classi scolastiche.
Con Maddalena non avevo più niente a che fare dal diploma, non eravamo mai state intime e le nostre strade naturalmente si sono divise. Avevo sue notizie per vie indirette e sapevo che aveva messo a frutto la sua capacità artistica avviando un'attività di merchandising.
L'ultima notizia l'ho avuta due giorni fa: era in fin di vita perché ingerito volontariamente dell'acido muriatico, senza più il fegato e parte dello stomaco.
Maddalena ieri è morta, ponendo fine alle sue sofferenze fisiche e dell'anima. Come può una persona volersi e farsi così tanto male da scegliere una morte così atroce? 
Non pensavo avrei cominciato tanto presto a fare la conta dei vivi su una foto  di classe.

giovedì 15 ottobre 2015

Esperimento terminato: osservazioni

Sono passati diversi mesi dall'inizio di un esperimento sociologico semiserio. Mentirei se dicessi che lo feci solo per curiosità "accademica", intrapresi il viaggio perché mi piace il gioco e perché la solitudine a volte mi fotte.
A maggio mi iscrissi su un sito di incontri, uno di quelli più sgrausi e plebei: non volevo essere selettiva e correre il rischio di trovarmi a cena con un hipster o peggio con radical chic, mi sono affidata alla legge dei grandi numeri. 
Certo, una scrematura sei costretta pur sempre a farla: quelli che scrivono con le k, quelli che fanno un errore ogni due parole (prendi almeno la terza media serale prima di utilizzare una tastiera), i poeti della domenica pomeriggio che mettono sul piatto il cielo le stelle il mare (ti piace vincere facile? Vallo a fare da un'altra parte), quelli che bella, principessa, bambola, tesoro, cara (chi ti conosce!), i mentitori seriali, gli impegnati che fingono di essere liberi, i cercatori di libido virtuale, i selfiesti intimi (come se il pene fosse un oggetto esteticamente apprezzabile!), i pettonudisti.
Dal rastrellamento chi è rimasto in piedi il tempo necessario per mostrare la propria mediocrità è elencato di seguito:


a) In principio fu A. il problematico. Lo conobbi il giorno in cui mi iscrissi e pensai stupita "niente male". Ventotto anni, carino. Mi chiese subito di vederci per un caffè e io accettai. Informatico con una passione per gli anime, qualche frase in giapponese, un po' alienato, ma al punto giusto: era la prima impressione. In effetti alienato lo era a livelli pro e lo dimostrò al secondo appuntamento, con un discorso che frantumò qualsiasi considerazione che avevo di lui. 
Dal nulla se ne uscì: Hai aspettatitive?
Aspettative di che? gli chiesi.
Sulla nosta relazione, rispose.
Ti pare che al secondo appuntamento possa avere aspettative di qualsiasi genere? Rimasi sotto choc per un bel po' dopo che diede anche la spiegazione alla domanda. La solita menata del ragazzo difficile, che non si sa relazionare, che non crea legami troppo duraturi, che rovina tutto ciò che tocca in termini di rapporto.  Di colpo risuonarono nelle mie orecchie le note di Paranoic Android e interrogai Dio sul perché capitano tutti a me. Mi faceva incazzare il fatto che credesse di dover mettere le mani avanti per non creare in me delle illusioni. Come se fossi con gli occhi a cuoricino per lui, quando in realtà ero unicamente curiosa di conoscere una persona più o meno interessante. Abbello, frena la mula. Di sottofondo i problemi con la mamma stronza che alimentavano un senso di competizione nei miei confronti, molto spesso frustrato dal fatto che ero più colta e più intelligente di lui. Vincevo senza essermi iscritta alla gara. Insomma, al terzo appuntamento si riprese: cena e dopocena a casa mia, vino e chiacchiere, qualche mossa per tentare di addolcirmi, ma era da parte mia più tenerezza che altro per sto povero scemo. Il quarto appuntamento fu l'apoteosi. Era passata più di una settimana dall'ultima volta e non ci sentivamo tanto spesso. Avevo praticamente il coltello in mezzo ai denti, pronta a squartarlo vivo alla prima mossa. E puntualmente lui: Ti devo dire una cosa... Esco con la mia vicina... Però, sai, potremmo ancora vederci.
Caro amico, gli dissi, se tu vuoi vivere in un cliché con la tua dirimpettaia impegnata, fai pure. Io me ne tiro volentieri fuori. Tu hai bisogno di questi brividi da quattro soldi per sentirti vivo, io ambisco a dei rapporti limpidi, di qualsiasi natura siano.
Quando mi congedai lo abbracciai perché mi dispiaceva per lui ed ebbe il coraggio di dirmi: Sei una bella persona.
Replicai schiettamente con un lo so che ancora gli fa eco nelle orecchie, secondo me.
Fuori il primo.


b) Il secondo fu M. l'astro nascente dello stalking. In chat era simpatico, avevamo molti interessi in comune. Decidemmo di vederci. Ancor prima di presentarci volevo defenestrarlo. L'appuntamento era in una piazza vicino al lavoro. Lui era già lì, ma arrivai e non lo trovai. Gli scrissi per sapere dove fosse e  mi rispose che inziava la caccia al tesoro, testuali parole. Secondo lui, avrei dovuto scovarlo, manco fossi un segugio. Gli dissi che me ne stavo andando e si materializzò. Fisicamente non mi attraeva, ma era abbastanza simpatico, a parte le uscite spocchiose e il voler prevaricarmi. Tuttavia, la cosa che mi mandò davvero in bestia fu il tentativo di frugare tra le mie cose virtuali, cioè diventare mio amico su Facebook, nonostante lo avessi scoraggiato a farlo. Senza sapere neanche il mio cognome mi trovò con un'astuzia da quattro soldi (cosa per la quale si autodefinì un fottuto genio) e non potendo scoprire molto mi chiese l'amicizia. Gliela negai e lo depennai forever.


c) L. il mercante di arte. Colto, poliglotta, viaggiatore. Lavorava senza slanci in una galleria d'arte e ambiva ad avere un proprio business. Il primo appuntamento in un ristorante thai: lui parlava io ascoltavo. Mi piacevano le cose che diceva e per certi versi era divertente. Aveva una gatta e amava curare le piante: punti a suo favore. Ci sentivamo spesso, ma non assiduamente. Gradivo avere a che fare con lui perché sentivo che aveva voglia di conoscermi, senza uno scopo preciso. Il secondo appuntamento in un posto che mi piace molto, contatto fisico semi-involontario, sorrisi, tanti bei discorsi. Tutto molto tranquillo e bello, fino alla sera in cui, dopo tanti rinvii, dovevamo vederci, ma poi non se ne fece più niente. Si scusò con un messaggio dicendo che era crollato a letto stanco. Quando l'indomani chiesi se andava tutto bene non rispose. E cancellai anche lui dai contatti. Senza rimpianti e con il pensiero che puoi essere erudito benestante e giramondo, ma se sei bieco lo sei e basta.


d) Nella categoria one shot abbiamo nell'ordine S. il coito (il suo) più veloce e triste del west, ma anche di tutti gli altri punti cardinali; I. il ferroviere metallaro: abbastanza capace a letto, peccato che in camera sua avesse un lampadario che produceva luci di vari colori a intervalli regolari e a me è venuto un attacco di riso/epilessia;V. la mia conquista più giovane: affamato, resistente e abbastanza generoso, di comune accordo abbiamo scelto di ignorarci.

e) G. la vittima. Non mi piaceva fisicamente, era mediamente simpatico, non avevamo nulla in comune. Eppure lo illusi e poi mi negai. Lui insistette, lo bloccai, mi mandò un messaggio in cui mi offriva di portarmi i bagagli al ritorno da un viaggio. Non risposi per preservare quell briciolo di dignità che gli era rimasta.

f) Nella categoria mio malgrado spiccano i due sardi. Ero lì per lavoro e non pensavo a conoscere gente, ma la geolocalizzazione mi fregò, così uscii con un paio di autoctoni. D., coetaneo, conoscitore di musica (l'unica persona conosciuta da me ad ascoltare Edda). Il primo e l'unico appuntamento fu sorprendentemente bello, più per la location che per il resto, tanto che si annovera come una delle più belle sere di estate. Dopo un giro in paese, mi portò a Punta Molentis. Era buio pesto, si riusciva a malapena a cogliere la natura selvaggia che ci circondava, alzai gli occhi e vidi un cielo talmente colmo di stelle che sembrava potesse cadere. Avrebbe potuto anche essere uno squartatore seriale, gli sarei stata grata comunque di avermi ostrato la bellezza della sua terra e una luna piena sul mare, il cui ricordo ancora mi riempe di gioia.
N. il bagnino. Questa volta mi ci sono buttata io tra le braccia dei cliché. Giovane, carino. Stop. L'avventura era incontrarlo di nascosto dopo il lavoro.

g) F. ribattezzato -con la complicità dell'amico M.- FDACTS, Fly down and check the sound, il motivo di tale acronimo è presto detto: assistente di volo con la propensione all'esagerazione. Leggermente spaccone. Una brava persona, per carità, ma ti faceva venire voglia di urlargli "scendi da quel cacchio di motorino truccato". Verrà ricordato anche per i dannati datteri che doveva portarmi dagli Emirati Arabi e che mi ricordava ogni due per tre lodandone la bontà (io non mangio datteri). Quando ci siamo visti non me li portò, in compenso mi riempì di gadget.
h) N. quarantenne, tatuatore e super-iper-tatuato. Un passato da cocainomane, una carriera da alcolizzato, sessuomane, feticista, sembrava uscito da un libro di Palanhiuk. Lo adoravo, mi faceva ridere tantissimo. A modo suo era dolce e premuroso. A volte partiva con i film su probabili progetti insieme e dovevo farlo scendere dal minipony, ma lui seguiva gli unicorni che aveva nella testa ed era bello così. Il gioco e la sperimentazione sessuale furono il cuore della relazione: con lui ho valicato confini che prima mi erano stati preclusi. Tra quelli elencati è la persona che ricorderò con più affetto.

Alla fine, l'esperimento mi ha divertita, pur avendo capito che questo tipo di approccio da macchinetta automatica non fa per me. L'atmosfera da carnaio o fiera agricola, dove ognuno mette in mostra quello che ha e allo stesso tempo è alla ricerca spasmodica di quello che manca mette allegria le prime volte (sempre che la si riesca a vivere con distacco), poi nausea.

mercoledì 23 settembre 2015

Il mio ragazzo

Il mio ragazzo ha due occhi color del cielo nel tardo pomeriggio, quando ancora c'è luce ma è prossima la sera. Appena mi vede mi abbraccia e di tenerezza non è mai sazio. Quando siamo insieme è sempre vicino a me. Col mio ragazzo giochiamo e ci divertiamo pazzamente. I miei regali sono i suoi oggetti preferiti e quando mi nomina (dicono) si illumina nel suo bel sorriso candido. Stravede per me ed io per lui.
Il mio ragazzo è un ometto di quattro anni e io sono sua zia.
La ziitudine è una gran bella cosa. Se non avete nipoti, dite ai vostri fratelli e sorelle di farveli.

sabato 5 settembre 2015

Ritorni

Tornano tutti, nessuno escluso. La mia vita è fatta di ritorni, quelli degli altri. Ché io di solito mi attacco per restare e se me ne vado lo faccio per sempre.
Ritorni sperati, sognati, impensabili, non voluti, scommessi, prolungati, ritorni a puntate, ritorni in forse. Ritorni come sonde, ritorni per capriccio. 
Ma tra tutti, quello più gradito è il rientro dei soldi che mi avevano rubato clonandomi la carta prepagata.



lunedì 27 luglio 2015

You're just a monument, can't see no precedent

Concerto tiratissimo, perfetta forma tutti, grandissima energia. Tutte le mie preferite. Potevo andarci in compagnia ho preferito andarci da sola e assaporare ogni singolo momento.
Sarebbe bello se ogni domenica ci fossero concerti come quello appena passato e l'altro prima.

lunedì 20 luglio 2015

Some candy talking

Più dei tramonti in riva al mare, più delle passeggiate nella natura, più di una buona meditazione, più del sesso, più del cuore a cuore, mano nella mano, ciò che fa vibrare intensamente le corde della mia anima è il rock and roll. Soprattutto quando mi trovo immersa nel suono, talmente potente che sembra materia liquida. Vale i chilometri il caldo l'umidità, vale tutta la fatica il muoversi a ritmo di quella musica che mi identifica e mi vivifica.
Jesus and Mary chain: soddisfacenti anche se brevi.

giovedì 2 luglio 2015

Giorno tre

Bello il paesaggio, bello il mare. Peccato per i sardi che sto incontrando. Ad oggi sono le persone più inospitali con cui ho avuto a che fare.

mercoledì 1 luglio 2015

giovedì 25 giugno 2015

Luglio col bene che ti voglio

Non so se ho già detto che adoro il mio lavoro. Ieri mi hanno proposto di andare a dare una mano  alla struttura della Sardegna, per intenderci, un resort situato sulla punta meridionale dell'isola. Ho detto sì.
Lunedì parto per il paradiso. Lavorerò anche (soprattutto), ma immersa in uno spettacolo naturale che già in foto mi toglie il fiato.
Se non mi vedrete più in giro, potrete trovarmi in fondo al mar.

lunedì 22 giugno 2015

Que hora son, mi corazon

Concerto di Manu Chao.
Energia a fiumi quella espressa e quella ricevuta dalla musica, dall'ambiente, dalle persone. Bella gente di tutte le età e i tipi.
Location incredibile, mi aspettavo asfalto e cemento, ho trovato un parco immenso e un prato fantastico sul quale ho ballato scalza. La sensazione della terra e dell'erba sotto ai piedi è una delle mie preferite.


mercoledì 10 giugno 2015

Non sono morta, eh. Solo poco incline a scrivere, ché quando ho l'ispirazione non è mai il momento giusto.

Ogni tanto qualcuno scatta e sceglie di mettermi nella sua foto.


mercoledì 13 maggio 2015

Spoesia

Perché mi stai così addosso? Mi sembri un avvoltoio!
Pensa, volevo baciarti per la cura che stai mettendo nello scegliere due forchette uguali...
Ops.

giovedì 30 aprile 2015

La vita è un campo di papaveri

G. chan, la vita è un campo di papaveri, ha detto il mio amico in evidente e confessato stato di alterazione psichica accidentale. Ne ho fatto un mantra. Basta vivere con leggerezza, decidere di non farsi schiacciare dal male di vivere e tutto si aggiusta. 
Mi piacerebbe scrivere di quante cose meravigliose mi capitano, ma se vivo non scrivo. E viceversa.
La casa bianca, la stanza arcobaleno sembra quella di un bonzo: poche cose essenziali, la bandierona della Pace come memento, il pavimento di legno dove sedersi e praticare i cinque riti tibetani, lo scacciapensieri indiano, il letto a una piazza che è un segno.
Il venticinque aprile in piazza, mi manca una bandiera della Palestina, la cena con una delle poche persone che mi fa sentire a mio agio, pizza casalinga e cuvée blanche
Bologna e Escher, altra vertigine di genialità, altra persona confortevole.
Pranzo di lavoro con dell'autentico cibo cinese, se non mangi con le bacchette è inutile mangiare orientale, le battute sceme del commerciale al quale non si può non voler bene e grazie al quale sto rivalutando gli uomini calvi (saranno quelle due acquamarina che si ritrova al posto degli occhi?), i gossip sui clienti abituali, l'ho già detto che adoro lavorare in hotel?
La petunia che ho soccorso all'Esselunga per 50 centesimi è già fiorita. 

venerdì 24 aprile 2015

Arrivederci amore ciao

Mentire per dire basta non è una cosa per la quale andare fieri, ma a volte si rende necessaria.
"Ho da fare cose più interessanti che starti dietro" è molto più accettabile di "il solo pensarti mi porta alla nausea". Un riflesso incondizionato, quando hai alle spalle diversi anni di pratica della menzogna, la prima cosa che ti viene in mente è una bugia, soprattutto se, anche inconsciamente, non vuoi troncare del tutto.
Ora che il rifiuto mi scuote persino le ossa, che non importa se tutto si perde, anzi si vuole perdere ogni cosa per guadagnare un altro tutto, posso finalmente dire l'unica cosa che dicono renda liberi.
In quella relazione ho mentito prima di tutto a me stessa, dicendomi che quella persona mi piaceva, poteva andar bene.
È stata una parabola che è passata dall'infatuazione, all'idealizzazione spinta, alla delusione, al rimescolamento di carte per varie volte e infine alla disillusione.Tutto condito dall'ostinazione di volerlo vincere, farlo capitolare, a che scopo non so. Forse per giocare al gatto col topo, o per giocare al non essere soli, all'avere qualcuno da pensare, nel bene e nel male. Non chiedetemi, nel caso vi interessasse, se c'è stato affetto, non saprei rispondere. Paradossali le volte che gli ho rimproverato di non ricambiare tutto quello che gli davo, in termini di attenzioni, che era anaffettivo, insensibile, in realtà ero io ad avere il cuore più freddo, fra i due. Eppure grazie a manipolazioni e finzioni sono riuscita a fargli credere che nutrivo per lui un amore autentico. Ho finto più di quanto si immagini possibile, ho manipolato il caso più di quanto sia lecito. Improvvisatami stratega, ho giocato con il suo affetto che, nonostante le lacune, era sincero. Anche gli abbracci, così accoglienti e curativi erano solo formalità, nessuna qualità. Non l'ho fatto con cattiveria, mi sono aggrappata ad un lumicino che mi faceva sentire meno isolata, meno lontana dal resto dell'umanità. Proprio come mi sono aggrappata ai suoi fianchi tante volte, convincendomi che specchiarmi nella sua brama e ammazzarlo di sesso mi facesse sentire viva. Certo, provavo un piacere immane ad essere l'obiettivo volontario e attivo di un desiderio così totalizzante, mi faceva sentire potente vederlo perdere la testa, ma quello che  rimaneva era il nulla.  
Come si fa a colmare un vuoto con un altro vuoto? Non si può. Allora si chiude quello che c'è da chiudere facendo meno danni possibili e si torna a seminare quel terreno arido che stava diventando il proprio cuore in solitudine e ritiro, non per espiare una colpa, sbaglio come chiunque a questo mondo, ma per ripristinare un rapporto autentico con se stessi e con il mondo, prima di averne uno con un essere umano.

giovedì 23 aprile 2015

Una storia qualunque, con lo stile di Moretti. Il dolore e la perdita raccontati con delicatezza e sincerità, misuratamente. Le scene comiche affidate a un bravo Turturro, l'ironia che solo Nanni, il metacinema, le parti oniriche.
Al netto del coinvolgimento emotivo per un tema che mi è caro, lo trovo splendido.

martedì 21 aprile 2015

Progetti per il futuro:

Bianco su nero. Progetti a breve scadenza e a breve raggio. Per quelli più ampi non basta una lavagna.
Precisazione: a vedere Manu Chao ci vado per compagnia.

giovedì 16 aprile 2015

La settimana scorsa sono andata alla presentazione del nuovo libro di Capossela Il paese dei coppoloni. Tutto bello bellissimo, peccato per i due "presentatori": Eva Cantarella e Gad Lerner. Pareva di stare alla fiera delle banalità/pedanteria. La professoressa  didascalica, arroccata e barricata nella conoscenza di Omero, a fare quasi la lezioncina, credendo di trovarsi di fronte ad una classe del classico, e il giornalista approssimativo, non sprecherò altri aggettivi.
Quando Vinicio comincia a parlare è subito chiaro che ci si trova di fronte ad un essere fatto di un'altra sostanza, che trasforma tutto in poesia e storie fantastiche in un linguaggio musicale.
Racconta di realtà che mi sono familiari: a pochi chilometri dai luoghi della sua narrazione è nata mia madre e io ho passato bei momenti dell'infanzia e dell'adolescenza, non è un caso se il paesello ricorrere spesso nei miei sogni ancora oggi. Un po' come ascoltare delle storie sulle mie radici.

domenica 12 aprile 2015

Venezia e la sua gemella parallela e rovesciata.
Nel suo riflesso vive una città alla rovescia. O forse è questo mondo, il mondo che consideriamo reale, ad essere il riverbero del vero reale che crediamo scioccamente illusione. In città come Venezia, dunque, la verità è alla portata di tutti.
La sua bellezza è doppia, si estende su vari livelli.

Weekend di meraviglia e di emozioni e di pace e amore.
E di spritz al Cynar, come i veci venexiani.





lunedì 6 aprile 2015

La prima volta ad un commissariato di polizia, la prima denuncia, un'atmosfera surreale come molti episodi della mia vita. Battiato che da Radio Italia cantava La stagione dell' amore, mi aspettavo Nanni Moretti entrare dalla finestra in quella giornata troppo bella per avere rogne.

lunedì 23 marzo 2015

Dopo quasi 6 mesi, il corso di meditazione è finito. Ero arrivata al livello avanzato e il passo successivo sarebbe stato quello di entrare a pieno titolo nel centro. Per entrarci, ti devi attenere a poche semplici regole di vita, tra le quali quelle più stringenti:
1) avere una dieta vegetariana
Già lo faccio
2) non fumare, non fare uso di droghe
Ho smesso da quel dì
3) non bere alcolici
In 6 mesi ho bevuto si e no 2 bicchieri di prosecco, penso di non rinunciare a molto
4) praticare la castità
Fratelli, non posso e non ne vedo il motivo.
Secondo le persone del centro, del quale non faccio il nome per giusti motivi,  il sesso, così come le relazioni amorose, distolgono l'attenzione sull'avanzamento spirituale, che deve essere il solo e unico obiettivo della vita. Non discuto del ruolo fondamentale della vita spirituale in una persona più o meno consapevole, contesto la visone del sesso come pura soddisfazione di istinti animali. No e poi no. Per come lo intendo e lo faccio, il sesso è esso stesso una via verso il sé più profondo, verso la luce divina che è in noi. Al peggio, è un gioco insignificante e innocuo, ma mai dannoso.
Oltre a questo che non è un dettaglio, la vita in comunità mi sembra un po' troppo chiusa. A me il mondo piace, ho ancora voglia di contaminarmi con persone storie musica azioni che non siano per forza sacre o spirituali. Se tutto è permeato di divino, allora non ha alcun senso rifugiarsi nella cerchia di persone che la pensano esattamente come te e fanno le stesse cose che fai tu tutti i giorni, leggere solo i testi del guru, ascoltare solo musica del guru. Questo è omologarsi ed appiattirsi.
Continuo il mio cammino da sola. Meditazione due volte al giorno, disciplina e concentrazione. Ho avuto troppo giovamento per abbandonarle adesso.
Mi piace pensare che sono come il protagonista de El Topo di Jodorowsky, che ammazza i più grandi maestri spirituali per impossessarsi della loro forza e dei loro poteri. Sono a quota 1, 2 se si contano le volte che ho ucciso Gesù.

 

venerdì 6 marzo 2015

Il lusso di andare ai concerti a piedi

Riassunto delle puntate precedenti:
  • Mi trasferisco provvisoriamente in un altro residence
Nel mentre cerco casa
  • Sono assunta e comincio a lavorare
Nel mentre trovo casa
  • Dopo la prima settimana di lavoro in hotel, mi dicono che devo andare a dare una mano alla sede centrale per tre settimane (all'inizio mi spiazza, ma poi la prendo come un'opportunità di conoscere una realtà diversa e farmi conoscere anche lì).
Nel mentre trasloco (per la quarta volta da luglio, ma si spera sia quello definitivo). E fatta anche la prossima settimana negli uffici centrali, tornerò in albergo, che mi manca tanto, insieme ai miei colleghi e alle stranezze che vengono fuori solo in un ambiente come quello.

Del concerto dico solo che la malinconia e la profondità di quell'uomo rendono terribilmente bella l'esperienza di ascoltarlo. L'inquietudine non si combatte, alcune persone hanno il potere di farne tempestose  e poetiche meraviglie.


sabato 7 febbraio 2015

Smile, my soul, smile

Da oggi sono una splendida 35enne, e ho deciso che ogni giorno sarà buono per autocelebrarmi. 
Non farei a cambio con i miei 15 e nemmeno con i miei 25 anni, le ragazze più giovani me le mangio a colazione. Sono più libera, più audace, più aperta, più determinata e più luminosa (che è diverso da solare). Adesso sono più vicina alla donna che vorrei essere: il percorso è ancora lungo e insidioso (facile, nei momenti di blackout, tornare indietro), ma sto imparando ad avere pazienza e disciplina, ché la felicità, quella vera, si coltiva come fosse un albero e quando mette solide radici, se la curi ogni giorno, è praticamente impossibile estirparla.

venerdì 6 febbraio 2015

Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

Le parole che seguono non sono mie, ma è come se lo fossero.

https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/02/06/liberetutte-la-fica-non-puo-stare-in-galera/

Quello che puoi fare con la mia fica. Puoi toccarla, schiaffeggiarla, strofinarla, picchiettarla, penetrarla, morderla, succhiarla, leccarla. Volendo puoi anche parlarci, puoi soffiarci su e puoi guardarla con la lente di ingrandimento o senza. Puoi esplorarla, massaggiarla, palpeggiarla, scovarla. Puoi sottolinearne i contorni, disegnarla, ammirarla, annusarla e rivestirla. Puoi dedicarle un sacco di attenzioni, lasciarla al freddo indifferente, puoi servirtene per ottenere un piacere consensuale o puoi studiarla, in modo approfondito, per calibrarne le potenzialità. Puoi regalarle una coscia, un braccio, un dito, anche due, un dildo, un frutto, un ortaggio, un pene o un’altra fica. Puoi inventarti modi diversi per osservarla, diversi punti di vista, diversi modi di abbracciarla. Puoi invitarla a conoscerti un po’ meglio. Puoi apparecchiarla con nutella, fragole, gelato, panna, cibi deliziosi. Puoi rinfrescarla, bagnarla, puoi anche spalmarla di crema e unguenti. Puoi rivisitarla in una scultura che la ritrae. Puoi sognarla e raderla. Puoi pulirla, sparecchiarla, infangarla, allargarla, in una lotta di piacere, sporca, eccitante, passionale. Puoi coprirla, richiederla, concederla, celebrarla, elogiarla, dimenticarla. Puoi invidiarla, nasconderla, mimarla, custodirla, attraversarla. Puoi fare tutto quello che vuoi, purché io sia d’accordo. Puoi fare tutto fuorché violarla. Tutto fuorché modificarla, cambiarla, mutilarla. Perché mio il piacere, il desiderio, mia la scelta. Perché non sei tu a controllare la mia sessualità. Non sei tu a decidere quanti orgasmi avrò, se ne avrò, in tutta la mia vita. Perché è mia, mi appartiene, mio il corpo, mia la mente che lo usa per godere.
Non riesco a immaginare quel che deve essere la sessualità delle donne la cui clitoride viene amputata. Non riesco a immaginare quanto deve essere il dolore di chi vede ricucita quella soglia, considerata peccaminosa, troppo indipendente per restare in balia di chi la possiede e può farne quel che vuole. Non riesco a pensare a bambine che non possono scoprire per la prima volta il piacere con la masturbazione. Né posso pensare al piacere negato alle donne mutilate affinché altri esercitino su di loro un potere. Non riesco a pensare ai corpi usati come oggetti, incastrati dietro cinture di castità definitive. Non posso pensare alla privazione, al calore, all’umore, di donne che vengono descritte come sbagliate fin dalla nascita. Sono quelle alle quali si dice che l’unico modo per proteggerle è tappargliela, la fica, tagliarla, segregarla, rubarla, perché non è l’uomo che deve rispondere della responsabilità delle sue azioni. Sono le donne che se hanno una fica se la sono cercata. Odio ogni ragionamento colonialista sulla mutilazione genitale, perché tale è, delle donne. Odio quelle, fasciste, che ne parlano per immaginare che da noi le cose vanno meglio. Odio quelle che lo fanno per esportare una civiltà che non ci è data. Odio chi usa questo argomento per veicolare islamofobia. Odio chi se ne interessa per realizzare una discriminazione tra culture o per eleggere l’uomo o la donna bianca e occidentale come salvatori e salvatrici delle povere donne afflitte. Non mi sogno di interferire, invocare guerre, esultare per divieti e censure, perché se poni un veto rimane un sommerso fatto di donne e uomini che praticano questa usanza che mortifica le figlie, le bambine, le ragazze. Non ho intenzione di apostrofare il dottore o la dottora che condivide quelle usanze e le praticano anche dalle nostre parti. Ma nessuno può impedirmi di dire che è un orrore, come altrettanto orribile sarebbe la mutilazione, con impedimento del piacere, sul pene. E’ un orrore ed è una imposizione autoritaria, un po’ come altre forme di costrizioni cui vengono sottoposti i bambini e le bambine quando non sono ancora in grado di scegliere. Perché nessuno dovrebbe scegliere per loro. Perché ricordo che quando nacque mia figlia non riuscivo neppure a tollerare l’idea che qualcuno le facesse i buchi alle orecchie per targarla come “femmina”.  In quanto ai bambini, io non conosco gli effetti della circoncisione. Non so se impedisce o meno il piacere di un uomo. Ma posso mettermi nei panni di una donna la cui fica viene praticamente messa in gabbia, rinchiusa, sfinita, costretta, in galera. E se una fica è in galera non si può non chiedere di liberarla.
#LibereTutte (le fiche del mondo)

venerdì 23 gennaio 2015

Dal Vangelo secondo M. (sottotitolo: Cosmo, grazie per gli amici che mi dai)

 Accanto alla Gente di m*rda (cit.) e alle Persone inutili (ricit.), ho scoperto da poco esistono anche i Tizi di Schrödinger(c).
I Tizi di Schrödinger(c) hanno una caratteristica peculiare: essi, per ogni domanda che si può loro porre, persistono in entrambi gli stati di "sì" e "no" contemporaneamente, a meno che non si compia un'osservazione (ad esempio ponendo loro la domanda). Essendo la loro risposta vincolata non ad un atomo radioattivo, ma alla loro bandieruola interiore, va da sé che ponendo loro la stessa domanda
n volte, si avranno alternativamente le due risposte possibili in maniera del tutto casuale, anche se glielo si chiede più volte di fila! Provare per credere!
Tipo: "Ma io ti piaccio?" produrrà entrambe le risposte in maniera del tutto casuale, pure se glielo chiedi 8 miliardi di volte.
Esistono poi i Tizi di meta-Schrödinger(c), e sono quelli i cui stati di sì e no, a loro volta, sotto sotto, sono sia sì che no, contemporaneamente.
Ad esempio alla domanda "Ma io ti piaccio?" Magari risponderanno "sì", e poi spariranno per una settimana, oppure risponderanno "no", e tenteranno di limonarti. In questo caso la distribuzione statistica insegna che raramente lo stato dichiarato e lo stato "sotto sotto" producono entrambi le stesse risposte (ossia un sì che sia davvero un sì e un no che sia davvero un no).
Le leggende metropolitane dicono che le donne siano tutte delle Tizie di meta-Schrödinger(c), ma posso assicurare che è un problema del tutto maschile noto come "Congettura del "ma hai il ciclo, che sei così arrabbiata?"".
Sono dunque arrivato a una conclusione, che è un monito per me e un invito per voi: fidatevi solo dei Tizi di Newton(c), quelli per i quali saprete quasi esattamente dove e come andrà a cadere la loro mela, e con i quali le regole del gioco sono chiare e conosciute da entrambi, per quanto qualsiasi sistema fisico sia un'approssimazione.
Come diceva un uomo con la barba finito molto male "Che il vostro parlare sia sì sì e no no, tutto il resto viene dal maligno".

mercoledì 21 gennaio 2015

Abiura

In questo post tra le altre cose tessevo le lodi di una storia d'amore, o meglio di un partecipante alla suddetta storia d'amore, innalzandolo a faro di speranza per i rapporti interpresonali. Fatto sta che mi sono dovuta ricredere. Conoscendolo meglio e guardando da vicino le dinamiche di quel rapporto ho capito che, non solo non poteva in nessun  modo essere un punto di riferimento per resistere al cinismo, ma ne era addirittura fonte. Non vi sto a dire il perché, non è importante. Ora che il pericolo è scampato, ora che - grazie a Dio- c'è la seria possibilità di non rivederli (lui e lei) più nemmeno in cartolina, sono giunta ad un'importante conclusione.
Mi sono lamentata spesso dei miei partner, definendoli sempre in modi poco carini, addossando loro colpe tremende, eppure, a ben guardare, sono stata fortunata. Ognuno di loro, in modi a volte manifesti a volte quasi indecifrabili, mi ha voluta bene. Mai ci è stato qualcuno che si è trasferito per me o che lo avrebbe fatto, ma neanch'io l'avrei fatto, quindi non mi sembra una grossa mancanza. Preferisco i piccoli gesti che mi sono stati dedicati: le colazioni i pranzi le cene che mi sono stati preparati; l'esenzione da lavare i piatti dopo, l'aspettarmi negli aeroporti, nelle stazioni; lo starmi dietro nonostante la mia corsa perenne verso il tutto e subito, gli spigoli della mia personalità, le intemperie del mio carattere, i lunghi silenzi, la distrazione continua; parole appassionate.
Se l'amore è un riduttivo e banale gioco di ruoli, uno stereotipo come quello che ho osservato da vicino, allora me ne tengo allegramente fuori senza troppo dolore. Pace per le lettere d'amore e gli atti plateali.

lunedì 19 gennaio 2015

Autotrascendenza

Come mio primo esercizio di autotrascendenza (ovvero fare passi oltre i propri limiti) c'è la lettura (e la comprensione, ça va sans dire) di questo libro, un trattato del 1979 (per la prima volta in Italia nel 1984) sulle corrispondenze e i continui rimandi in musica (Bach), grafica (Escher) e matematica - logica (Goedel), con un sottofondo di filosofia. Insomma, una bibbia di 800 pagine: sono ad un ottavo e per adesso mi sembra molto stimolante.
La dimostrazione sarà (vedremo se arriverò alla fine del libro) che con la sola volontà, insieme ad impegno e costanza, non c'è nulla che non si possa fare. 
 

domenica 18 gennaio 2015

McCurry, Oltre lo Sguardo, Villa Reale di Monza.
Se vi capita, andateci, ne vale davvero la pena.
E poi Monza non è per niente male, pensavo peggio...

mercoledì 14 gennaio 2015

L'unica cosa triste di questi giorni felici è non poter fare la telefonata che ho aspettato di fare per lungo tempo (ahimè, troppo) e dare la buona notizia alla persona che più di tutte ha creduto costantemente in me. Invece ha ascoltato solo le mie lamentele e ha partecipato ai miei pianti di delusione con un figlia mia così consolatorio e abbracciante  che per un po' il cuore lo rimetteva a posto.
Poi, quando sarà tutto nero su bianco, magari spiegherò la gioia di avere a che fare con persone che ti stimano e tutto il resto. Ora mi lascio coccolare da questo moto di malinconia.

mercoledì 7 gennaio 2015

- Alcuni amici mi dicono che sono maschia.
- Chi?
- Diversi... Solo perché sono una donna libera e senza inibizioni di sorta. Sta di fatto che anch'io mi sento abbastanza androgina.
- No, nella mianiera più assoluta. Sei molto femminile, ed è una cosa che diventa sempre più evidente ogni volta che ci vediamo. Non eri così quando ci siamo conosciute.
- Boooh.
- Non farmi parlare, altrimenti dici che racconto balle.
- No, ora me lo dici!
- Non so se te ne sei accorta, ma quando camminiamo i maschietti ti guardano.
- Se, vabbé!
- Vedi che non ci credi? Ma credimi, si girano a guardarti!
- Booooh.

Di quello che mi dice la mia amica, sempre che sia così, non me ne accorgo. Eppure, ultimamente, non sono nemmeno troppo fra le nuvole, mentre mi piace assaporare l'aria, guardarmi intorno, riconosco perfino "gli amici del mattino", cioè quelle persone che la mattina fanno il percorso inverso al mio e quindi le incontro quasi puntualmente. A questo proposito, vorrei anche dire di aver instaurato una relazione platonica non so ancora se amorosa o amicale con un metallaro che incrocio tutte le mattine lavorative. Mi fa molto ridere, perché ci cerchiamo con lo sguardo, ma a una distanza troppo ravvicinata lo distogliamo, facendo gli indifferenti. 
L'unica cosa che ho notato tempo fa, è che alle volte sono le ragazze a guardarmi particolarmente, tanto che una volta mi fermai a specchiarmi in una vetrina pensando che avessi tipo una caccola che sporgeva dal naso o il trucco fatto male. Non avevo niente che non andava, ero solo incredibilmente bella. Ahah.
Non lo so se mi va di essere così osservata, l'invisibilità è la chiave per la libertà. Passare inosservata mi consente di fare delle cose che se mi sentissi osservata non farei o farei in maniera più "pensata", tipo la mia nuova abitudine di ballicchiare e canticchiare mentre aspetto la metro. Amo le grandi città proprio perché sei uno in mezzo a tanti e nessuno bada a quello che fai (anche se muori, sic).
Quindi, ragazz*, non guardatemi o non limitatevi a quello, cominciate a ballicchiare con me sulla banchina di Cadorna.

 

domenica 4 gennaio 2015

Melancholia

When i'm broken down and hungry for your love with no way to feed it
Where are you tonight, child, you know how much i need it
Too young to hold on and too old to just break free and run [Jeff Buckley - Lover, you should've come over]

Perché eravamo onesti, responsabili,
non volevamo dare sofferenza.
Pure fra noi e due stronzi, due contabili,
tu vedi forse qualche differenza? [Patrizia Valduga]