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mercoledì 14 novembre 2012

Just killing time

Lungarno alla contr'ora, sole che mi scalda, vento che mi raffredda. Guardare lo scorrere del fiume schiarisce i pensieri. Sedersi sui gradini di Santa Croce a osservare gli altri (una fisarmonica in lontananza ripropone un repertorio internazionale e banale, i giappo-sino-coreani non smettono di fare foto, il suonatore di banjo accorda il suo strumento, alcuni operai ripuliscono la piazza dall'istallazione che c'era prima) fa sentire ancora più persi e soli. Non è che debba "ringraziare" qualcun altro a parte me stessa di questa condizione. L'ho costruita passo a passo nel corso di tutta una vita, con l'orgoglio l'ostinazione dei non scendo a compromessi, dei nemmeno morta, dei non mi frega di quello che pensano gli altri, dei ce la faccio anche da sola non mi serve nessuno. Ora cos'ho? Questa bella maschera di donna incrollabile che basta a se stessa. Che sarebbe anche vero, ma sono stanca. Vorrei che almeno una cosa nella mia vita fosse facile, la voglio la prendo, non come accade sempre: lottare, faticare e alla fine non ottenerla. Potrei aggrapparmi a quell'unico salvagente e il resto verrebbe da sé, come il fluire del fiume, come quando unisci le tessere più esterne di un puzzle.
Invece cos', mangio poco (niente ha gusto) e dormo tanto, potrei farlo per giorni interi. Rido o piango è la stessa cosa.
Poi mi si dà dell'analitica, lucida e tendenzialmente spietata, una dominatrice in un eventuale rapporto sadomaso, del culturalmente interessante, dell'affascinante (detto da una persona che non ha "mire" di alcun genere, in quanto accasato e felice, si spera) e rido. Non è che non mi senta così (dominatrice mai, né dentro né fuori dal letto), ma sono anche altro, sicuramente meno seria e coriacea di quello che si pensa.

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