Pagine

martedì 27 agosto 2013

Mal di Ghetto

Non sapevo cosa aspettarmi quando ho deciso di partecipare al campo di volontariato al Ghetto di Rignano. Ero spaventata da un bel po' di incognite: la mia reazione emotiva, il contatto con gli altri volontari e con i braccianti, il fatto che il campo avesse un'impronta cristiana.
Arrivata, mi sono trovata di fronte una situazione più rilassata e accogliente. Nonostante sia pur sempre una baraccopoli, con tutto quello che significa in termini di disagio, ci ho trovato gioia e vitalità e speranza. Ascoltando i racconti di questi ragazzi, la maggior parte dei quali poco più che ventenni, la stanchezza di lavorare anche tredici ore al giorno per pochi soldi, la nostalgia di casa e il viaggio affrontato per arrivare lì, mi veniva da piangere e abbracciarli forte. Poi i loro sorrisi e i loro sguardi fieri, la dignità di presentarsi a lezione con i vestiti puliti, alcuni stirati, mi hanno dato molta forza. All'inizio mi domandavo se le mie lezioni d'italiano fossero davvero utili, se poche ore al giorno in cui leggere, scrivere e conversare potessero risolvere i probemi di questi giovani. Poi ho scoperto che l'importante è lasciare una traccia di sé negli altri, che sia di speranza, un "non credere di essere solo". Così porterò dentro di me i segni lasciati dalle persone incontrate, come la cartina dettagliata del Gambia di un dicannovenne che aveva una voglia matta di parlare del suo paese, o un altro che "trovo un mio amico con la macchina o con la moto e vengo a prenderti a casa", sapendo che era il mio ultimo giorno lì e che abito a qualche chilometro, o il ristorante dove abbiamo mangiato il gombo e la notte buia e chiassosa.
Anche gli altri volontari hanno toccato le mie corde interne e, impercettibilmente, mi hanno cambiata. Ho scoperto di non essere poi così solitaria e che la vita comunitaria per certi versi ha la sua bellezza. La condivisione è il valore che ho riscoperto. Ho conosciuto persone interessantissime, di altre avrei voluto sapere di più: le persone taciturne sono quelle che hanno grandi tesori il più delle volte, ma non sono molto brava a disinnescare il silenzio (essendo anch'io taciturna). Ho conosciuto la bellezza della vita selvaggia, del non curarsi di come stanno i capelli, del non avere specchi, dei piedi sporchi di terra o di fango, della doccia prevalentemente fredda, dell'accogliere la pioggia a braccia aperte.
Ho assistito a scene divertentissime, come la terronizzazione di un bergamasco (la Lombardia era la regione più presente, e poi li chiamano leghisti), e discorsi sull'anarchia, su Pasolini e De André. Ho capito che esistono anche cattolici fichissimi, non ossessionati dai dogmi e dalla messa, ma che mettono in pratica gli insegnamenti autentici del Nazareno.
Spero che questa iniezione di vitalità possa avere i suoi effetti a lungo termine, che questo sia solo un seme gettato nel mio cuore.

4 commenti:

  1. Era davvero da tanto tempo che non ti sentivo così viva e serena. Ne sono felice. Il tuo racconto mi conferma nell'idea che questo è il genere di esperienze che dà di più, da cui trarre la forza e le motivazioni per andare avanti, che le relazioni umane più felici e ricche sono quelle in cui possiamo renderci utili e conoscere tante persone diverse condividendone un tratto di strada.
    Quanto ai cattolici fichissimi, ne ho conosciuti tanti anch'io negli anni. Che dirti? Forse fanno parte della categoria gente fichissima in cui rientrano persone in teoria molto diverse fra loro, ma simili nella pratica di vita.
    Leggerti mi ha fatto bene. Ti ricambio l'abbraccio. Grazie della visita.

    RispondiElimina
  2. sai, quando ero lì non ho pensato a nulla che riguardasse la mia vita quotidiana, però mi sei venuta in mente, ho pensato che ti saresti trovata bene :)

    RispondiElimina