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martedì 22 dicembre 2015

Eu nao falo portugues: Lisboa edition

Dal mio breve vaggio in Portogallo ho capito che i lisbonesi se ne fottono allegramente. Ho visto gente uscire a fare delle commissioni in pigiama, portare a spasso il cane in pantaloncini e infradito, ho visto il tram fermarsi perché ostacolato da un camioncino che stava scaricando della merce davanti a un negozio e il conducente - pacifico -non fare una piega, non invitare l'autista del camioncino a muoversi neanche con modi gentili. Ha aspettato che l'altro terminasse il suo lavoro per poi ripartire con la stessa tranquillità (si fa per dire, il tram 28 è stato un attentato alle mie coronarie) di prima. Mi sono immaginata la stessa scena a Milano, il povero autista del camioncino sarebbe stato oggetto di imprecazioni non solo da parte del lavoratore atm, ma di tutti i passeggeri, perché non abbiamo tempo da perdere. A Lisbona si chiedono cos'è il tempo, ma poi lasciano cadere la domanda per cose più importanti come godersi la decadenza malinconica della loro città. 
Più del succitato tram 28, grazie al quale ho capito intrinsecamente il significato di sferragliare, e delle funicolari che ti offrono viste pazzesche a sorpresa, più degli azulejos e del fado, delle stradine tortuose e del dolce lasciarsi andare di alcuni palazzi (non restaurateci, lasciateci sgretolare e tornare polvere), più dei calçada mortalmente pericolosi ma anche meravigliosamente intrippanti, più di tutto ciò di Lisbona rimarrà impressa in un punto preciso dello sterno come incisa con un chiodo appuntito la sensazione di apertura di ariosità, di luce avvolgente, come se tutto ciò che guardi fosse sconfinato, non finisse mai. Tutti quei colori e il cielo, oh Signore, che cielo - a tratti ricamato dai cavi. I vecchietti superbelli e teneri davano l'impressione di non passarsela proprio bene. Avrei voluto conoscere il portoghese per farci due chiacchiere, farmi raccontare della loro città e magari ci saremmo lamentati di quei turisti sempre troppo invadenti, o solo prenderli a braccetto e farmi condurre nei loro posti del cuore.

mercoledì 1 luglio 2015

Giorno due

Il lavoro è impegnativo, ma quando finiaco vado al mare. Un buon compromesso.

giovedì 25 giugno 2015

Luglio col bene che ti voglio

Non so se ho già detto che adoro il mio lavoro. Ieri mi hanno proposto di andare a dare una mano  alla struttura della Sardegna, per intenderci, un resort situato sulla punta meridionale dell'isola. Ho detto sì.
Lunedì parto per il paradiso. Lavorerò anche (soprattutto), ma immersa in uno spettacolo naturale che già in foto mi toglie il fiato.
Se non mi vedrete più in giro, potrete trovarmi in fondo al mar.

lunedì 22 giugno 2015

Que hora son, mi corazon

Concerto di Manu Chao.
Energia a fiumi quella espressa e quella ricevuta dalla musica, dall'ambiente, dalle persone. Bella gente di tutte le età e i tipi.
Location incredibile, mi aspettavo asfalto e cemento, ho trovato un parco immenso e un prato fantastico sul quale ho ballato scalza. La sensazione della terra e dell'erba sotto ai piedi è una delle mie preferite.


giovedì 30 aprile 2015

La vita è un campo di papaveri

G. chan, la vita è un campo di papaveri, ha detto il mio amico in evidente e confessato stato di alterazione psichica accidentale. Ne ho fatto un mantra. Basta vivere con leggerezza, decidere di non farsi schiacciare dal male di vivere e tutto si aggiusta. 
Mi piacerebbe scrivere di quante cose meravigliose mi capitano, ma se vivo non scrivo. E viceversa.
La casa bianca, la stanza arcobaleno sembra quella di un bonzo: poche cose essenziali, la bandierona della Pace come memento, il pavimento di legno dove sedersi e praticare i cinque riti tibetani, lo scacciapensieri indiano, il letto a una piazza che è un segno.
Il venticinque aprile in piazza, mi manca una bandiera della Palestina, la cena con una delle poche persone che mi fa sentire a mio agio, pizza casalinga e cuvée blanche
Bologna e Escher, altra vertigine di genialità, altra persona confortevole.
Pranzo di lavoro con dell'autentico cibo cinese, se non mangi con le bacchette è inutile mangiare orientale, le battute sceme del commerciale al quale non si può non voler bene e grazie al quale sto rivalutando gli uomini calvi (saranno quelle due acquamarina che si ritrova al posto degli occhi?), i gossip sui clienti abituali, l'ho già detto che adoro lavorare in hotel?
La petunia che ho soccorso all'Esselunga per 50 centesimi è già fiorita. 

lunedì 6 aprile 2015

La prima volta ad un commissariato di polizia, la prima denuncia, un'atmosfera surreale come molti episodi della mia vita. Battiato che da Radio Italia cantava La stagione dell' amore, mi aspettavo Nanni Moretti entrare dalla finestra in quella giornata troppo bella per avere rogne.

mercoledì 4 giugno 2014

Sono un orsetto lavatore. Come questi simpatici animali, in cattività divento maniaca della pulizia e dell'ordine. Da quando sono tornata a casa, non faccio altro che pulire, mettere ordine e buttare cianfrusaglie che conservavo chissà perché. Proprio durante uno di questi attacchi ossessivi compulsivi, stamattina, ho trovato una piccola agendina dimenticata che ho usato per alcuni giorni di estate del 1996 come diario personale.
A sedici anni ero un vero disastro: insicura, patologicamente timida e debole, un cumulo di infelicità e solitudine. Non facevo altro che piangermi addosso e dare la colpa a chiunque, tranne che a me, per la vita che a quel tempo consideravo schifosa. Avevo dei sogni che sapevo non si sarebbero avverati perché ero immobile e tutto ciò aumentava la mia amarezza. Fortunatamente, gli anni mi sono serviti a diventare una donna di carattere che di quella ragazzina triste e solitaria ha conservato solo la malinconia. Se venisse Satana in persona a chiedermi l'anima per farmi tornare teenager, gli direi: "Fottiti! Sto bene dove sono". Piuttosto vorrei incontrare la me sedicenne e annunciarle: "Tutto è relativo e le persone per le quali ti struggi un giorno ti sembreranno delle nullità, alle volte ridicole, alle volte solo mediocri. Quindi aspetta, il meglio deve ancora venire".
La cosa più tenera, che non ricordavo assolutamente, era la cotta tremenda per Robert Smith, mentre la maggior parte delle mie coetanee impazziva per i Take That. Ero così innamorata di lui che mi firmavo Mrs Smith.
La seguente è una delle poche canzoni dei Cure che ancora riesco ad ascoltare per intero.


sabato 10 maggio 2014

Una settimana fa, a quest'ora circa, eravamo in quella camera vista infinito. Era tutto talmente bello che non ci risolvevamo ad andare a cena. Poi ha messo la mia felpa, quella larga con le paillettes sulle spalle, che gli stava decisamente corta.
Ti pago la cena se esci così, gli ho detto piegata in due dalle risate.
Il conto non era poi così salato.

lunedì 5 maggio 2014

Ericeira, Peniche, Nazaré

Tre giorni, tre villaggi sulla costa del Portogallo, tre camere d'albergo - tra le quali un eco resort a impatto zero, in cui, volendo, puoi dormire in una botte, tre spiagge ideali per fare surf (io ero in veste di osservatrice).
Sveglia all'alba, ché i surfisti non vogliono perdersi nemmeno un'onda.
Colazione con torrada e galão e pasticcini tipici, mentre guardavo S. mangiare pasteis de bacalhau (fritelle di baccalà) e altre prelibatezze salate per no veg.
Il rituale del surfista è sempre lo stesso: caricare in auto tavola e muta, saggiare la spiaggia, osservare l'acqua e scegliere lo spot migliore, indossare la muta e scaldarsi, andare. Che dio ti accompagni. 
Passavo la mattina a guardare S. e i suoi amici mentre erano a mollo, aspettando le onde buone. È dai tempi di Beverly Hills 90210 che volevo vedere dal vivo questi che mi sembravano dei fancazzisti in cerca di scosse adrenaliniche, ma che in realtà sono degli atleti tutto preparazione, costanza, dedizione, enorme concentrazione. E pazienza, tanta pazienza. Tutte doti che non ho. Per questo e per il fatto che non faccio attività fisica da quel dì, ho declinato molteplici inviti a provare. L'oceano è meraviglioso, ma paurosamente freddo, pure sotto la muta. Quando  mi annoiavo, passeggiavo sulla spiaggia o mi inoltravo nei paesini, tra case bianche e azzurre, immancabili vecchietti e gatti, botteghe e altre amenità da vita semplice, fuori dal mondo. Appena vedevo qualcuno del posto parlare mi appostavo strategicamente e ascoltavo, non tanto per capire il senso della conversazione quanto per sentirne le intonazioni, come ascoltassi un brano strumentale.
Poi c'erano i tramonti stupendi, la Sagres, le chiacchiere di gruppo e quelle vis à vis, a cena ogni tipo di zuppa, il banjo, e i dovremmo vivere in un posto dove andare a piedi nudi, sempre.

lunedì 28 aprile 2014

Appena il tempo di tornare, fare innumerevoli lavatrici, sistemare alcune cose in casa - comprese la vegetazione che anche senza di me se l'è cavata, sbrigare faccende burocratiche, risistemarmi i capelli, in attesa di conoscere la destinazione dei miei prossimi sei mesi, e già riparto per alcuni giorni di avventura.

Se Maometto non va dalla montagna e la montagna si è scocciata di andare da Maometto...
Chi sarebbe la montagna tra noi?
Non importa, fammi finire!
Vai!
... allora i due si incontrano a metà strada.
Mi sembra giusto.

Peace Love Empathy.

venerdì 14 febbraio 2014

Cosa tocca inventarsi per non pensare alla penosa situazione politica

Siate il Valentino di voi stessi.
Dicono che l'amarsi è una condizione indispensabile per essere amati, non lo so, però sono sicura che se ci si ama e si cerca di ricordarselo ogni giorno, si vive in armonia con il resto del mondo. Garantito. Non nutro l'illusione di non essere più sola un giorno: a ben vedere, non sono una persona facile e amabile, facilmente amabile, lo ammetto e un po' me ne compiaccio.Tuttavia, fin quando avrò me dalla mia parte, ci sarà la speranza di rimanere fertile nell'anima.
L'oroscopo di Rob Brezsny mi invita a celebrare una delle feste che amo meno (per una che odia le feste in generale,  è tutto dire) in maniera eccentrica e futuristica. La cosa più eccentrica che mi viene in mente è andare con la corrente, per questo farò un po' di auguri.
Auguri a Mr Sunshine (qui conosciuto con almeno altri due nomignoli): rendi i momenti in cui siamo insieme soleggiati e marittimi, trasformi la lontananza in una vicinanza anomala come il sentimento che ci lega, porti la leggerezza e l'allegria del gioco continuo nei giorni pesanti e tristi, sperimenti con me gli abissi e le altezze di una vita che si vuole artistica.
Auguri a My bloody Valentine (il riferimento musicale ti farà piacere), lasciarti stare è stata la cosa più giusta e benefica da fare, ma questo non mi vieta di volerti ancora bene e pensarti con una certa tenerezza, forse perché non sono riuscita a convertirti all'amore come lo intendo, o forse è solo rammarico per non averti suscitato alcuna reazione.
Auguri a The walk on the wild side, per la gamma di emozioni, sentimenti e sensazioni (anche quelle per nulla positive) che generosamente mi hai dato.



giovedì 14 novembre 2013

Molto lontano da qui, ti incontrerò, mi incontrerò

Notti fa ho sognato di sposarmi. Era stato organizzato tutto in fretta per una ragione non specificata, che riguardava il mio futuro sposo. Era lui che andava di fretta, diceva "Non posso più aspettare". Io ero felicissima di sposarmi, di questa sua urgenza, della cerimonia intima e del banchetto improvvisato. Lui, poi, era molto bello: alto, coi tratti gentili, sembrava più giovane di me, e sembrava molto ricco (la mamma, mia suocera, storceva il naso, ma lui se ne fregava; voleva me e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea). Ero così innamorata ed entusiasta, nonostante  non ci fosse nessuno dei miei parenti e amici.
È stato un sogno talmente dolce e coinvolgente che quando mi sono svegliata la sua influenza positiva mi ha indotto a riaddormentarmi con la volontà di continuare il sogno. E così è stato. Una variante "leggera" di un lucid dream. Ero cosciente di star sognando e quindi riuscivo, per brevi istanti, a manovrare il sogno a mio piacimento. Facevamo progetti con la gioia e l'eccitazione che hanno i bambini nel loro gioco facciamo che io ero... 
Non so che significato abbia il sogno, né sono interessata ad interpellare le interpretazioni approsimative su internet, non ha importanza capire perché. Un po' lo immagino. Lasciando stare l'orologio biologico e tutte quelle boiate indotte dalla società (qui si aprirebbe un capitolo nuovo sul romanticismo e la famiglia e il matrimonio, ma non ora), a differenza di qualche anno fa, quando l'idea di felicità era qualcosa di astratto, impalpabile, poco tangibile (ancor meno l'idea di un noi due), in questo periodo, nei momenti in cui ho bisogno di visualizzare un'immagine di gioia e serenità, questa è la situazione che creo: giorno di riposo, fuori il tempo non è dei migliori, la casa è piccola, ma accogliente alla mia maniera; preparo la colazione al mio lui -che non è né il Quarto di manzo, né lo Gnomo, né la new entry Pollicino!*- e insieme programmiamo senza stress la giornata (è significativo che tra gli impegni ci sia un pranzo o una cena con gli amici). In questo breve filmino mentale ci sono degli elementi fondamentali: dare e condividere nella quotidianità. Per molti l'immagine appena accennata potrà sembrare quantomeno banale. Per me non lo è, per il semplice fatto di non essermici mai trovata. Ho sempre vissuto i rapporti di coppia come qualcosa di straordinario, nel senso di fuori dall'ordinario, un po' per la forma che hanno sempre avuto le mie relazioni, un po' perché non ho mai ritenuto necessaria la mescolanza fra i vari campi della mia esistenza (avendo la mania dell'ordine e la vita di per sé abbastanza irregolare, introdurre un altro elemento di caos, credevo, sarebbe stato controproducente). Insomma, tra i miei pensieri c'è anche il mio ipotetico + 1. Sì, come gli accrediti ai concerti. Trovo aberrante il concetto di coppia come unità e i suoi componenti come semplici metà; rifiuto le qualifiche di dolce metà, metà della mela, l'altra metà del cielo e simili.
So che ho ancora da lavorare su me stessa affinché il sogno e la visione trovino una rispondenza anche nella realtà. Sono convinta che abbiamo solo ciò che siamo pronti ad accogliere. Non basta volere intensamente qualcosa, bisogna anche fargli spazio nei propri pensieri, nella propria vita, nelle proprie profondità, liberandosi prima di tutto dalle paure e dai conflitti interiori, trovare un equilibrio che duri più di due giorni (il massimo a cui posso arrivare adesso).

* Pollicino-con-il-punto-esclamativo: il nome deriva dall'abitudine del giovine a mettere il pollice a molti miei post su FB. Nemmeno un commento, qualcosa di più personale. Come se si aggirasse silenzioso e ogni tanto (spesso) mi rivolgesse un sorriso, ma senza parlarmi. Poi quando lo interpello, giù punti esclamativi come se ci fosse una svendita. Troppo entusiasmo. Va bene che ti lasci contaminare dai bambini che sono esaltati di natura, ma, perdio, sei comunque un adulto!

lunedì 7 ottobre 2013

Elogio delle stanze d`albergo

Tutto delle camere di hotel mi piace: il senso di sospensione della vita normale, il fatto che non sono casa, eppure ci fai la cosa piu casalinga che ci sia: dormire. In un certo senso sono terra di nessuno e allo stesso tempo hai la cieca fiducia che non ti capiterà nulla di brutto, tipo un espianto di organi non voluto (vabbè, sto esagerando). 
Non riesco a capire chi si lamenta di dover frequentare spesso gli alberghi, magari per motivi di lavoro, reclamando soprattutto il carattere anonimo delle stanze. È vero, superficialmente sono impersonali, eppure avrebbero grandi storie da raccontare. Basta saperle interrogare. Le storie degli ospiti rimangono pure dopo che l'addetto alle pulizie rifà la camera ridandole la sua neutralità. Le parole rimangono attaccate alle pareti, i gesti sospesi nell' aria, i rumori sul pavimento. La presenza lascia tracce, anche quando vorresti il delitto perfetto. Sugli specchi puoi ancora scorgere i visi di chi ti ha preceduto, sulle finestre i loro pensieri. Ci sentiamo unici, ma ridotti all'osso i nostri pensieri sono maledettamente simili a quelli di chiunque altro. Come fare a non esser soli, per esempio.

mercoledì 25 settembre 2013

La luna sulla pianura (attimi)

Buttati per terra come due sacchi semi vuoti, le schiene contro il muro e il resto dei corpi senza tono si abbandonava naturalmente alla stanchezza. Si aspettava qualcosa o qualcuno, forse solo la forza per andare a dormire, intanto rimanevamo lì soli a dirci niente, ad ascoltare i rumori della notte in mezzo al nulla. Un movimento microscopico e le nostre mani, contigue un attimo prima, si intrecciavano. Esplorazione reciproca: le dita, le unghie, le linee dei palmi, le screpolature, i calli, le pellicine. Senza aprir bocca, senza guardarci, solo le mani a conoscersi. Mano da scalatore con mano usatissima. Fissavamo la scena davanti a noi: la strada, la campagna, le montagne più in là, i nugoli di insetti vicino ai lampioni. E una volta conosciute, si staccavano, con la stessa naturalezza con cui si erano intrecciate.
Un episodio da niente, privo di conseguenze, eppure pieno d'intimità.

mercoledì 29 maggio 2013

Ho fatto la marmellata di ciliegie (supermegabio, delle mie terre). A occhio e a istinto, senza seguire alcuna ricetta. Mia mamma non era solita scrivere le ricette (così molte delle cose buone che faceva sono andate perdute) e non ho voluto affidarmi ai consigli dei numerosi blog sul tema, molti dei quali usano la scorciatoia di aggiungere pectina che rende la marmellata meno naturale di quella in commercio (non penserete mica che quelle comperate al supermercato abbiano sapore e colore naturali?). Insomma, ho usato solo ciliegie (lavate e denocciolate) e poco zucchero (d'altronde la frutta matura ha già abbastanza zuccheri). Espletata anche la prassi per una conservazione sicura, ora non resta che aspettare di capire se è venuta bene.

lunedì 6 maggio 2013

Se potessi tornare indietro, dopo il liceo mi segnerei ad Agraria, per poi provare, una volta laureata, ad aprire un'azienda agricola, magari bio, iniziando coi terreni di famiglia e poi, chissà, ingrandendomi.
Oppure, frequenterei un corso di moda e design per aprire una bottega dove vendere vestiti fatti interamente da me (dal disegno alla realizzazione).
O, invece del liceo, sceglierei l'alberghiero e diventarei chef, e magari aprirei un ristorante veg-mediterraneo.
Se potessi tornare indietro sceglierei una specializzazione che potenzi il dono di avere buone mani. Sanno già far crescere e vivere una pianta, fare un vestito e cucinare. Tutto quello che si fa con le mani, loro lo fanno bene (tranne guidare e suonare, però entrano in gioco altri complessi). Ma lo fanno da autodidatte, per intuizione. Avrebbero avuto bisogno di un po' di sistematicità. Le mani fanno e non tradiscono. Al contrario, la mente si perde e si riempe di mille cose inutili.

domenica 24 febbraio 2013

Quanto è più facile un vaffanculo di un resta, stai con me o di un fatti più vicino.

sabato 23 febbraio 2013

Era da tempo che non leggevo un libro che mi catturasse come ha fatto La schiuma dei giorni. Mi chiedo come mai non l'abbia fatto prima. Un romanzo a vari strati: c'è la storia d'amore fulminea e fulminante e in mezzo un mondo surreale e poetico in cui le regole universali sono stravolte (le nuvole parlano, le ninfee crescono nei polmoni, la casa si restringe seguendo il malessere dei propri abitanti), anche la lingua viene scomposta e ricreata per adeguarsi al nonsense del racconto. Impressiona il fatto che sia stato scritto nel '47; a parte dei riferimenti culturali, è un'opera senza tempo.
Non mi resta che leggere altro di Vian e approfondire la conoscenza della patafisica, la scienza delle soluzioni immaginarie.