Avresti compiuto sessantanove anni oggi. Eri una leonessa di segno e di fatto. Mai vista concentrata tanta forza in un corpo così piccolo. I piedini perfetti di una bambina.
Forse ci sarebbe stata una torta fredda comprata in pasticceria per festeggiare tra di noi. Niente di speciale.
Ho capito che non me la posso prendere con nessuno se non sono riuscita a dirti e fare tutto quello che volevo dirti e fare con te, se non con me stessa. Ho avuto 32 anni di tua presenza, sarebbero stati sufficienti per le dimostrazioni d'amore che non hai mai avuto, e quei piccoli viaggi sempre rimandati. Non immaginavo ti avrei persa così, ma non dev'essere una giustificazione. Dicevi sempre a tutti: "vogliamoci bene da vivi, ché da morti a che serve", anche se è così difficile sapere l'importanza di una persona prima di perderla, la diamo per scontata, solo quando la perdiamo sentiamo mancarci il terreno sotto i piedi e vorremmo essere stati migliori, più espansivi, meno nervosi, meno egoisti. Stare male poi non serve a niente.
Ogni tanto prego per te, alla tua maniera, la fede inguenua e ostinata che non ho, ma se ti penso non posso non credere che ancora esisti, sotto un'altra forma magari, il tuo amore e la tua generosità sopravvivono e l'invoco come facevo quando eri viva. Alcune volte, ti facciamo dedicare delle messe alle quali partecipiamo. Lo vedi, alla fine le tue figlie si sono decise ad andare in chiesa, anche se con un atteggiamento distaccato.
Il circolo che si formava d'estate davanti alla casa del nonno non c'è più, sospetto che tu fossi il vero collante, e adesso le vecchiette con le quali ci riunivamo per parlare e scherzare sono più tristi, ognuna davanti al proprio uscio.
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